DIOCESI DI GORIZIA

«Con la vita consegnata…»

“Con la vita donata ai fratelli confessiamo la nostra fedeltà al Cristo”. Così l’orazione iniziale della Messa di questa domenica, dedicata al Cristo “primogenito dei morti e dominatore di tutti i popoli della terra”.

Cristo Re, quindi. Il Vangelo di Giovanni tuttavia sembra non abbia pudore nel presentarcelo legato e consegnato a Pilato. Gesù è un re “consegnato”.

Tutta la sua vita, infatti, è stata una continua consegna di sé, di mano in mano: alle mani di Maria quando si è fatto uomo, a quelle di Giuseppe che gli è stato padre e iniziatore alla vita. Addirittura dallo Spirito Santo viene consegnato al deserto perché fosse tentato da Satana.

Si è consegnato ai suoi per sempre nel pane e nel vino dell’eucaristia all’ultima cena, sino alla consegna definitiva a noi uomini. L’abbiamo inchiodato sul legno, sino a che “consegnò lo spirito” nella morte di croce.

Ma Gesù si è mostrato Cristo, il forte, il Re in tutte queste tappe della sua vita; e nella risurrezione pasquale abbiamo compreso la sua forza e potenza. Nella fede, attendiamo l’incontro con Lui, vittorioso su tutte le cattiverie e le fragilità della nostra umanità.

Riconoscerlo e venerarlo come Re significa però assomigliargli, vivere come lui: ecco il motivo dell’orazione iniziale della messa, in cui chiediamo a nostra volta di donare, di consegnare la nostra vita ai fratelli.

Splendidi allora, in questa 36ª Giornata Mondiale della Gioventù, gli inviti di Papa Francesco dedicati ai giovani. “Alzati!” per aprirti a Gesù che ti parla nella Chiesa, senza continuare a fuggire da Lui. Riconosci la tua cecità e a volte chiusura per poter “risorgere” e consegnarti alla missione che il Signore ti affida.

 


 

Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».

(Gv 18,33b-37)