DIOCESI DI GORIZIA

Servitori, non padroni

Un’immagine suggestiva della Chiesa e di noi cristiani ci viene offerta dal libro della Sapienza nella prima lettura odierna.

Parlando di Israele che attendeva la notte della liberazione durante la lontananza in terra d’Egitto, l’autore sacro descrive il popolo di Dio “in attesa della salvezza dei giusti”, mentre “offriva sacrifici in segreto” e si dava la legge divina della fraternità, per “condividere successi e pericoli”.

Anche il Signore Gesù ci descrive come coloro che hanno qualcosa in più degli altri: siamo donne e uomini in attesa, che sanno che c’è un “signore” che deve ritornare nella grande casa che ci è stata affidata.

Qui emerge ciò in cui si distingue il popolo di Dio dal resto dell’umanità: non viviamo spadroneggiando, quanto piuttosto servendo.

Non consumiamo e sprechiamo inutilmente ciò che ci è donato, immaginando che sia “nostro”, bensì amministriamo beni che sappiamo non nostri: il tempo, le nostre capacità intellettuali e professionali, le relazioni che ci sono date, i beni comuni come la terra, l’acqua, l’aria.

Altra cosa è vivere nella delusione di chi ormai non attende più nulla e nessuno e magari “dorme”, si lascia toccare cioè soltanto dai propri bisogni e necessità, più o meno indotti dall’onnipresente mercato.

O, peggio, sentirsi unico padrone e arbitro di sé, degli altri e del nostro povero umiliato pianeta. I tanti gesti di violenza e situazioni di incuria cui assistiamo quotidianamente ci raccontano il dolore e le sofferenze che procura questo modo di fare.

Noi siamo chiamati ad essere diversi: amministratori e servitori, non padroni, anche se piccolo popolo nella grande famiglia dell’umanità.

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«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

Lc 12,32-48)