DIOCESI DI GORIZIA

Un Dio che da la vita

Le cronache di questi ultimi mesi ci ricordano dolorosamente come l’uomo è capace di dare la morte ai vivi. Il Vangelo invece ci annuncia gioiosamente che Dio è capace di dare la vita anche ai morti.

Può apparirci paradossale l’esempio portato a Gesù: sei fratelli che si uniscono inutilmente alla moglie del primo, deceduto prematuramente, tentando di dargli una discendenza. In realtà il Signore approfitta di quella questione oziosa per farci comprendere il nostro presente ed aiutarci ad attendere e sperare il nostro futuro.

È vero però che il matrimonio e la generazione di figli sono il modo più umano per contrastare la finitezza e il limite che ci caratterizzano, limite di cui la morte è il motivo e per certi versi anche il simbolo.

Come dovremmo rivalutare allora questi due modi preziosi ed umani di stare al mondo, invece che dedicarci esclusivamente a noi stessi e alla ricerca spasmodica di sensazioni piacevoli, senza voler lasciare vita attorno e dopo di noi.

Il Signore però sa andare oltre le nostre fragilità e i nostri limiti. Ci prepara una vita diversa e per certi versi inimmaginabile, ma sicura: “quelli giudicati degni della vita futura e della risurrezione non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire”, ci promette, ridonando in questo modo speranza e dignità anche a chi nella vita terrena non ha generato.

Non temiamo allora di legarci nel matrimonio e di dare la vita a dei figli: se con questo abbiamo paura di perdere libertà e giovinezza, Dio ce le ridonerà abbondanti e senza limiti.

Non temiamo di vivere offrendo tutto noi stessi nello studio, nel lavoro, nel servizio alla società e alla Chiesa: Dio saprà ricompensarci.

Non temiamo il futuro, per quanto oscuro o incerto ci appaia. Ciò che ci attende è la risurrezione.

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«C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».

(Lc 20,27-38)