“Un uomo ricco aveva un amministratore e questi fu accusato dinnanzi a lui di sperperare i suoi beni”.
Se leggiamo le parole odierne di Gesù in chiave ecologica, come deve essere nel Mese ecumenico del Creato, ci fanno rabbrividire. “Non si può non riconoscere l’esistenza di un debito ecologico delle nazioni economicamente più ricche, che hanno inquinato di più negli ultimi due secoli” (Papa Francesco).
Forse perché abbiamo dimenticato che siamo soltanto amministratori di ricchezze e beni non nostri.
Voler cancellare in maniera sistematica anche soltanto l’idea di Qualcuno che sta sopra di noi ci porta a sperperare la vita, a consumare risorse senza misura e senza finalità, lasciando solo rifiuti dietro di noi.
Ma l’amministratore della parabola è astuto e lodato perché prepara il suo futuro, visto che il suo tempo presente sta per scadere.
Offre uno sconto inaspettato ai debitori del suo ricco signore (sembra che siano tutti debitori in queste parole di Gesù…) togliendo la propria provvigione: olio a uno e grano all’altro, l’equivalente di 500 giorni di lavoro. Spunto interessante anche dal punto di vista economico internazionale, questo condono giubilare del debito?
Il Signore ci insegna a preparare il futuro, ma non soltanto del nostro pianeta, ma anche quello di ciascuno di noi.
Le cose, che in modo miope riteniamo “nostre”, devono servire per creare fraternità e comunità, non per procurarci sensazioni piacevoli o essere la nostra sicurezza, cosa di cui non sono capaci. La gestione dei beni terreni, che Gesù chiama “di poco conto”, è il banco di prova della fedeltà dei discepoli del Signore.
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Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione?”».
(Lc 16,1-13)