DIOCESI DI GORIZIA

«Io non sono come gli altri…»

Capita ancora a volte di sentire da qualcuno, che non pratica la Chiesa, affermazioni ormai da libro di storia: “quelli che vanno in chiesa sono peggio degli altri”, con un chiarissimo retropensiero più o meno di questo genere: io in chiesa non ci vado, perché sono migliore.

Chissà, magari sarà anche vero che il piccolo resto di persone praticanti sia la causa dei grandi mali della nostra società, ma la differenza è che chi viene all’eucarestia inizia la sua preghiera dichiarandosi peccato­re davanti a Dio e ai fratelli.

Se non formale, il gesto che ci insegna la Chiesa è potente, ci radica nel Vangelo e ci rende più veri davanti a noi stessi, agli altri, a Dio.

Viene in questo modo tracciata una nuova linea di confine tra gli uomini: non più tra chi osserva la legge morale e chi invece no, ma tra chi è pieno di sé e chi è aperto all’altro, tra chi in sé non ha posto né per Dio né per gli altri e chi invece si lascia giudicare dalla misericordia di Dio e non giudica nessuno.

I due personaggi della parabola evangelica odierna, un fedele osservante e un peccatore pubblico, ci rivelano il modo nuovo, non intuitivo e sorprendente di vedere e di agire del nostro Dio, il Padre dei cieli e di tutti. Un Dio che ancora non conosciamo bene e che si rivela a noi nella sua Parola, che la Chiesa ci porge con insistenza.

E io, a chi assomiglio? Achi non sbaglia mai oppure che sa di sbagliare, ma comunque dice di avere ragione? Oppure sono come chi sente di avere bisogno della misericordia del Signore, quali che siano le mie azioni?

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Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano”.

(Lc 18,9-14)